Per il Presidente del Consiglio dei ministri, (C.F. 80188230587)
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato
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Portoghesi, 12. 
    Contro la Regione autonoma della Sardegna, (C.F. 80002870923)  in
persona del Presidente della giunta pro tempore, per la  declaratoria
di incostituzionalita' degli artt. 7, comma 4 e 8 della  legge  della
Regione Sardegna n. 20 del 5 agosto 2015, pubblicata nel B.U.R. n. 36
del 10 agosto 2015, avente ad oggetto «Trasformazione in agenzia  del
Consorzio per l'assistenza alle piccole  e  medie  imprese  "Sardegna
ricerche" istituito con la legge regionale  23  agosto  1985,  n.  21
(istituzione di un  fondo  per  l'assistenza  alle  piccole  e  medie
imprese in attuazione dell'art. 12 della legge  24  giugno  1974,  n.
268)», in relazione all'art. 3, primo  comma  lett.  a)  della  legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale di  autonomia
della Regione Sardegna) all'art. 10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  parte  seconda  della
Costituzione),  nonche'  in  relazione  agli  artt.  97,  117,  comma
secondo, lett. l) e comma terzo e 119 Cost. 
        1) Con la legge  n.  20  del  2015  la  Regione  Sardegna  ha
disposto la trasformazione in agenzia del Consorzio Sardegna ricerche
attribuendo al nuovo ente compiti di assistenza delle piccole e medie
imprese nel settore della ricerca e dello  sviluppo  tecnologico  per
promuovere nel territorio regionale una maggiore competitivita' delle
imprese. 
    L'art. 7, comma 4 della legge regionale n.  20/2015  prevede  che
«Limitatamente all'attuazione dei progetti di ricerca ed innovazione,
ai soggetti di cui al comma 1  si  applicano  i  vincoli  alla  spesa
previsti dalla normativa nazionale per gli enti di ricerca pubblici». 
    Tale disposizione si pone in contrasto con  i  principi  di  buon
andamento di cui all'art. 97 Cost.,  nonche'  in  relazione  all'art.
117, terzo comma Cost. laddove prevede l'applicazione dei vincoli  di
spesa dettati dalle norme nazionali per gli enti di ricerca pubblici,
«limitatamente all'attuazione dei progetti di ricerca ed innovazione»
all'agenzia neo costituita ed alle sue partecipate. 
    Il comma 5 dell'art. 7 della legge n. 20 del 2015 prevede  invece
che: «Per le attivita' non rientranti nella tipologia "attuazione  di
progetti di ricerca ed innovazione"  di  attenersi  alle  limitazioni
previste  dalla  normativa  di  contenimento  della  spesa   pubblica
concernenti le amministrazioni pubbliche». 
    In questo modo il rispetto  dei  vincoli  di  spesa  assegnati  a
ciascuna regione dalle regole di finanza pubblica e dalle conseguenti
manovre finanziarie vengono ad essere di fatto aggirati. 
    Come piu' volte ribadito  da  codesto  Giudice  delle  leggi,  il
vincolo del rispetto dei  principi  statali  di  coordinamento  della
finanza pubblica, connessi  agli  obbiettivi  nazionali  condizionati
anche dagli obblighi comunitari, che grava sulle regioni ad autonomia
ordinaria in base all'art. 119 Cost., si impone anche alle regioni  a
statuto speciale nell'esercizio della propria  autonomia  finanziaria
(ex plurimis, sentenze n. 46 del 2015, n. 54  del  2014,  n.  30  del
2012, n. 229 del 2011, n. 120 del 2008, n. 169 e n. 82 del  2007,  n.
417 del 2005, n.  353  e  n.  36  del  2004),  in  quanto  essi  sono
funzionali  a  prevenire  disavanzi   di   bilancio,   a   preservare
l'equilibrio    economico-finanziario     del     complesso     delle
amministrazioni pubbliche e  anche  a  garantire  l'unita'  economica
della Repubblica, come richiesto dai principi  costituzionali  e  dai
vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia  all'Unione  europea.
Tali principi e vincoli sono oggi ancor  piu'  pregnanti  nel  quadro
delineato dall'art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20  aprile
2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella
Carta costituzionale) che, nel  comma  premesso  all'art.  97  Cost.,
obbliga il complesso delle pubbliche  amministrazioni  ad  assicurare
«l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita'  del  debito  pubblico»
(sentenze C. cost. 15 maggio 2015, n. 82, n. 175 e n. 39 del 2014; n.
60 del 2013). 
    D'altronde  non  puo'  che  essere  la  legge  dello   Stato   ad
identificare le spese delle Regioni che concorrono  alla  definizione
del saldo rilevante ai fini del  rispetto  del  patto  di  stabilita'
interno, in quanto  esso  coinvolge  Regioni  ed  enti  locali  nella
realizzazione  degli  obiettivi   di   finanza   pubblica   derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e dai vincoli che ne
conseguono (C. cost. 7 luglio 2015, n. 130). 
    A  tale  riguardo  occorre  infatti  ribadire   che   agli   enti
appartenenti al sistema regionale devono applicarsi integralmente  in
vincoli di spesa previsti  per  le  regioni  in  cui  si  trovano  ad
operare, non potendosi  derogare  da  parte  delle  medesime  regioni
nell'applicazione dei vincoli di spesa. 
    Ne deriva che anche gli  enti  regionali  devono  contribuire  al
concorso della regione  per  la  realizzazione  degli  obbiettivi  di
finanza pubblica secondo le medesime modalita' e condizioni. 
        2) L'art. 8 della legge n.  20  del  2015  prevede  che:  «Il
personale di ruolo del Consorzio  per  l'assistenza  alle  piccole  e
medie imprese "Sardegna ricerche" e' assegnato alla Agenzia  Sardegna
ricerche ed incluso nei suoi ruoli organici  mantenendo  l'anzianita'
di  servizio  maturata  senza  soluzione  di  continuita'  ai   sensi
dell'art. 31  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  «Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
Amministrazioni pubbliche e il trattamento contrattuale vigente  alla
data dell'entrata in vigore della presente legge». 
    Tale norma presenta profili d'illegittimita' costituzionale nella
parte in cui  dispone  che  il  personale  di  ruolo  transitato  dal
Consorzio all'Agenzia, oltre  all'anzianita'  di  servizio  maturata,
possa mantenere anche il trattamento giuridico ed economico  previsto
dal CCNL vigente. 
    L'art. 15 dello Statuto del Consorzio prevedeva in  modo  un  po'
generico ed indefinito che ai dipendenti si applicasse il trattamento
economico e giuridico regolato dal  contratto  collettivo  di  lavoro
applicabile al settore di appartenenza. 
    L'art. 8 della legge regionale n. 20 del 2015, nella sua  attuale
formulazione, non consente  quindi  allo  stato  di  individuare  con
certezza quale sia il regime contrattuale  applicabile  al  personale
trasferito  all'Agenzia   Sardegna   ricerche   per   effetto   della
soppressione del Consorzio Sardegna ricerche. 
    Detto ente, istituito ai sensi della legge  regionale  23  agosto
1985, n. 21, era aperto alla partecipazione oltre che  della  Regione
autonoma  della  Sardegna  e  anche  di  altri  soggetti  pubblici  o
interamente controllati dalla Regione Sardegna (e  quindi  di  natura
privatistica), in grado di apportare mezzi finanziari ed a patto  che
avessero finalita' analoghe a quelle previste dalla legge  istitutiva
e dallo statuto. 
    L'art. 8 della legge regionale n. 20  del  2015,  consentendo  il
passaggio del personale dal consorzio all'Agenzia, produce  l'effetto
di inquadrare  nei  ruoli  della  P.A.  i  lavoratori  in  precedenza
assegnati  al  Consorzio  citato   in   contrasto   con   le   regole
disciplinanti l'accesso al pubblico impiego di cui all'art. 97 Cost.,
il quale prevede il concorso  quale  modalita'  di  reclutamento  del
personale. (Cfr. sent. Corte  cost.  n.  235/2010),  e  ponendosi  in
contrasto con i principi generali stabiliti dal  decreto  legislativo
n.  165/01  ai  quali  il  legislatore  regionale  deve  fare  invece
necessario riferimento. 
    Costituisce un ormai consolidato indirizzo interpretativo seguito
da codesta Corte Suprema il principio che  il  pubblico  concorso  e'
forma generale  e  ordinaria  di  reclutamento  del  personale  della
pubblica amministrazione (si vedano, tra le piu' recenti, le sentenze
C. cost. n. 134 del 2014; n. 277, n. 137, n. 28 e n. 3 del  2013;  n.
212, n. 177 e n. 99 del 2012; n. 293 del 2009), cui si puo'  derogare
solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze  di  interesse
pubblico (sentenze n. 134 del 2014; n. 217 del 2012; n. 310 del 2011;
n. 9 del 2010; n. 293 e n. 215 del 2009; n. 81 del 2006). 
    Il principio della necessita' del pubblico concorso e'  stato  di
recente ribadito con specifico riferimento a disposizioni legislative
che prevedevano il passaggio automatico di personale di  societa'  in
house, ovvero societa' o  associazioni  private,  all'amministrazione
pubblica (sentenze C. cost. n. 134 del 2014; n. 227 del 2013;  n.  62
del 2012; n. 310 e n. 299 del 2011; n. 267 del 2010). 
    Codesta Corte ha ritenuto, infatti, che «il trasferimento da  una
societa' partecipata dalla Regione alla Regione o ad  altro  soggetto
pubblico regionale  si  risolve  in  un  privilegio  indebito  per  i
soggetti  beneficiari  di  un  siffatto  meccanismo,  in   violazione
dell'art. 97 Cost. (sentenza C. cost. n. 62 del  2012;  nello  stesso
senso, sentenze n. 310 e n. 299 del 2011; nonche' sentenze n. 267 del
2010; n. 227 del 2013). 
    Per le stesse considerazioni l'art. 8 citato viola  anche  l'art.
117, comma secondo lett.  l)  Cost.  che,  come  noto,  riserva  alla
competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e quindi  anche
i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile ivi compresi
i contratti collettivi di lavoro. 
    E' indirizzo costante di codesta Corte  quello  secondo  cui  per
effetto della «intervenuta privatizzazione  del  rapporto  di  lavoro
alle  dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni,  che  interessa,
altresi', il personale delle Regioni, la materia  e'  regolata  dalla
legge dello Stato e, in virtu' del  rinvio  da  essa  operato,  dalla
contrattazione collettiva» (sentenza n. 286  del  2013).  Infatti,  a
seguito della suddetta privatizzazione, la materia cui va  ricondotto
il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni
ivi comprese  le  Regioni  e'  quella  dell'ordinamento  civile,  che
appartiene alla potesta' del legislatore statale, il quale «ben  puo'
intervenire [...] a conformare gli istituti del rapporto  di  impiego
attraverso norme  che  si  impongono  all'autonomia  privata  con  il
carattere dell'inderogabilita', anche in  relazione  ai  rapporti  di
impiego dei dipendenti delle Regioni (sent. C. cost. n. 19 del  2013;
n. 228 del 2013). In  altri  termini,  «la  disciplina  del  rapporto
lavorativo  dell'impiego  pubblico  privatizzato  e'   rimessa   alla
competenza legislativa statale di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lett. l), Cost., in quanto riconducibile  alla  materia  "ordinamento
civile", che vincola anche gli enti ad autonomia differenziata  (cfr.
sentenze C. cost. n. 151 del 2010; n. 95 del 2007; n. 77 del 2013; 23
luglio 2015, n. 180).